Ciao Anna

Ciao Anna,
da un po’ non ti scrivevo e non è certo perché non sei stata al centro dei miei pensieri. Come sei sempre. E’ un po’ che non ti vedo, ma ti chiamo spesso al cellulare. E tu mi racconti di te, delle tue esperienze a casa, in famiglia, a scuola. E io cerco di capire ascoltando le tue poche parole dette con una certa fatica al telefono. So quanta fatica fisica ti costa parlare quando la tua mente corre veloce e la voce non riesce a tenerle dietro, intrappolata nel meccanismo della respirazione artificiale.
Non stai bene in questi ultimi tempi. Sono poche le parti del tuo corpo su cui hai sensibilità, solo la testa, e tu hai febbre, dolori di testa frequenti, gola dolorante ed arrossata, naso congestionato ed una brutta bolla sul viso la cui origine il tuo medico non sa spiegarsi. Tutte cose che potrebbero considerarsi alquanto banali per gli altri bambini, ma non lo sono per te che non puoi difenderti dal malessere fisico e psicologico. Per fortuna hai degli “angeli” che ti circondano di amore e di cure.

A me ogni tuo dolore provoca forti fitte allo stomaco, ho paura e rabbia che si rinnovano. Paura della tua “precarietà” e debolezza, rabbia per un destino che si accanito su una creaturina in forme e modi che nessuna mente umana, ancorché perversa e maligna, potrebbe mai concepire.
Quante volte, Anna mia, alzo gli occhi velati di pianto al cielo e prego e mi viene di urlare di dolore e di rabbia per l’atroce ingiustizia che è stata perpetrata a tuo danno. Ma a te non servono il mio dolore e la mia rabbia, mi dico. A te serve il mio amore, come quello delle persone che si occupano di te, i tuoi “angeli”custodi.
Sono diversi gli “angeli” intorno a te, ad essi si aggiunge quella che davvero ora credo sia un angelo: la nonna Anna Maria, morta in quel tragico incidente che ti ha resa così.
Pensa, c’è stato un momento in cui tu non respiravi più, mentre lei finiva di respirare. Lei ha finito di respirare per sempre, tu hai ripreso grazie a quel primo “angelo” che per caso trovandosi lì ti ha rianimata. Poi io e te siamo andati nella prima ambulanza, sulla quale prima di arrivare all’ospedale sei andata in arresto respiratorio per altre due volte, mentre io reggevo i medici che ti somministravano medicine e rischiavano di cadere con gli sbalzi dell’ambulanza in corsa. Prima di salire ho fatto in tempo a salutare la nonna Anna Maria agonizzante. L’ho accarezzata e le ho bagnato le labbra ormai cianotiche. L’ho salutata così, dopo 40 anni vissuti insieme. Non sapevo che non l’avrei più rivista, se non nei sogni.
Io sono certo che da lassù anche lei fa la sua parte e veglia su di te. Come quella volta che sei stata sul punto di morire perché ti eri “scannulata” e Manuela ci ha messo un po’ prima di accorgersi, intanto eri andata in desaturazione e avevi perso i sensi (Vedi il post “Hai rischiato di morire”). Scampato il pericolo, erano tutti terrorizzati intorno a te e tu invece eri serena. Quando ti hanno chiesto se avevi avuto paura tu hai risposto: No, perché di fronte a me c’era la nonna Anna Maria che mi ha sorriso e rincuorata, poi quando sono arrivati i medici e riprendevo a stare bene lei se ne è andata, dicendo che non c’era più bisogno di lei. Questo hai detto, e non so dare spiegazioni a tutto ciò. A me hai detto: ho solo chiuso un po’ gli occhi, e poi mi hai raccontato della presenza di nonna Anna Maria.
Pensieri sul presente e ricordi  di un passato che ci ha segnato per sempre si intrecciano.
Poi ti racconterò altre cose che non sai, prima che la mia memoria proceda con la sua opera caritatevole e avvolga il tutto in una nebbia lontana.