Set
30
2010
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Il tuo dipinto

Notte africana
 

Sei venuta a trovarmi con i tuoi genitori e i tuoi fratelli., Davide e Diego, il tuo fratellino tanto atteso. Mi hai fatto un regalo bellissimo, mi hai portato in dono un tuo lavoro. Un capolavoro. Un quadro che hai scelto come soggetto, titolo e che hai dipinto tu, con quei colori bellissimi che hai impresso sul foglio con matite che tenevi con la bocca. Notte africana, lo hai intitolato.
E' bellissimo, lo tengo in bella mostra e so quanto vale. moltissimo in assoluto, infinitamente per me. Immagino l'affetto e la cura pignola con cui hai lavorato. Immagino quante scelte e quante revisioni hai compiuto.
Siamo stati benissimo, in montagna. Ti è piaciuta la casa in sasso, il torrente che la circonda, gli alberi, lo scoiattolo che li abita, la tempesta di lucciole che le sere di luglio illuminano il prato e il corso del torrente come una galassia di stelline scese dal cielo. E tu incantata le guardavi nelle loro evoluzioni e mi richiamavi ogni qual volta qualcuna sembrava volesse fermarsi su di te.
Sei stata bene e avresti voluto fermarti ancora un po'. Hai scacciato i tuoi "brutti pensieri", come li chiami tu. Quelli che ogni tanto ti assalgono e ti provocano tanto dolore e voglia di piangere.
E noi insieme a te, piccola mia.

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Apr
28
2010
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In attesa della nascita del tuo fratellino

Nell'attesa della sua nascita e  tramite la vostra adorabile mamma, il tuo fratellino ha inviato una letterina a te e a Davide, tuo fratello più grande .

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Cari Anna e Davide,

voi non mi conoscete ancora perché non sono ancora nato, ma sono il fratellino che arriverà fra poco. Forse non lo sapete che le mamme parlano con i loro bambini fin da prima che nascano, con un linguaggio tutto particolare che non ha voce, ma si “sente” nel cuore.

Appena nato non saprò fare un bel niente, tanto meno parlare e, allora, visto che ora sono nella pancia della mamma e lei sente i miei pensieri pensavo di dirvi alcune cose attraverso di lei…cose che poi non vi potrò più dire.

Dovete sapere che tutti i bambini prima di nascere sono sulla Luna, poi un bel giorno scelgono per nascere una mamma e un papà che desiderano un bambino. Anche voi avete scelto la mamma e papà prima di me, solo che non ve lo ricordate più e anche io non me lo ricorderò più dopo che sarò nato.

Volevo raccontarvi i discorsi tra me e la mamma, mentre ero sulla Luna prima ancora di arrivare nella sua pancia.

La mamma e papà mi volevano già da un po’, però erano molto preoccupati per colpa del terribile incidente che vi è capitato. Pensavano che io mi sarei spaventato perché voi avete tutti sofferto molto e questa cosa bruttissima che è successa ha lasciato nel cuore di tutti una grande ferita. La mamma mi ha spiegato che siete una famiglia con la vita un po’ complicata, non come le famiglie della pubblicità in cui tutti sembrano stare bene e sembrano non soffrire mai e sembrano non avere nessun problema.

Dopo avermi raccontato di voi, di come siete, di come vivete la mamma mi ha chiesto tante volte: “Ma sei sicuro che ci vuoi?”

Lo so che vorreste sapere cosa mi ha raccontato la mamma di voi, ma non ve lo dico…vi dico solo che mi ha detto tutto proprio tutto… e quello che mi ha detto la mamma non mi ha per niente fatto paura, anzi e alla fine io le ho detto: “Si certo che sono sicuro, io vi voglio!”.

Ho capito che sarò un bambino molto fortunato ad avere una famiglia come voi, ho capito che la mamma e papà si amano molto e che vi amano molto e che anche voi due vi amate molto. Questo vi volevo dire, che dalla Luna si vedono bene come vanno le cose sulla Terra, e si vede che nella vita capitano tante cose belle e tante cose brutte, e che a voi è capitata una cosa molto brutta, ma siete una bellissima famiglia di cui io voglio fare parte. Voi due, Davide e Anna, siete speciali, si proprio speciali e io sarò felicissimo di avervi come fratellone e sorellona e sono sicuro che, anche se all’inizio vi romperò un po’ le scatole e vi scombussolerò un po’ la vita, poi andremo d’accordo e ci vorremo bene e non ci separeremo mai. Insomma questo volevo dirvi, che io non ho scelto solo la mamma e papà, ma ho scelto anche voi due, si proprio voi due, e che mi piacete molto anzi tantissimo!

Ci vediamo presto!

Il vostro “futuro” fratello.

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Mag
04
2009
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Il nido

Nido Nido e uccellinoNido e uovo Due ouva
 

Cara Anna,
un uccellino, mi sembra una femmina di merlo, ha fatto il nido in un vaso sul balcone di Claudia. E’ una cosa meravigliosa che commuove chiunque, spero. Non ha avuto paura, forse ha capito che  Claudia non farebbe mai del male a lei e ai sui ovetti che sta covando. Anzi, mi ha detto che esce poco sul balcone per non disturbarla. Lo fa solo quando lei non è nel nido.
Hai visto che costruzione meravigliosa è quel nido? Si è scelta un vaso di margherite che le fanno penombra, la mimetizzano, una posizione strategica dalla quale controlla tutto ciò che avviene intorno. Con un occhio guarda la casa, con l’altro guarda fuori. Brava mamma merlo, prudente, attenta, amorosa con quella che sarà la sua creatura. Proprio come la tua mamma che ti cura e ti difende ed è attenta a prevenire sempre ogni cosa che possa farti del male.
Che bel mistero è la natura, com’è commovente nella sua semplicità.
Ammirando e facendo il servizio fotografico alla sua merlottina Claudia ha pensato a te, le sei venuta in mente tu e ti/vi ha dedicato una poesia che io trovo bellissima.
Te la riporto di seguito.

metamorfosi

Anna e lei, architettura d’amore

Hai mai visto

Un nido?

Lei vuole

E può

Lei vola

Come te

Lei unisce

Lega

Come te

Lei intreccia

Fili

Di paglia

Tu intrecci

Pensieri

Tu vuoi

E puoi

Insieme

Legate

Cielo

E terra

La tua bocca

Dipinge

Immagini

Colorate

E fatate

Nutre

Chi ami

E t’ama

Il suo becco

Dipinge

un cerchio

morbido

e forte

Nutre

Chi ama

E l’ama

Ciao minuscole

Grandi donne

Del nostro balcone.

claudia fanti
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Mag
22
2008
-

Ciao Anna

Ciao Anna,
da un po’ non ti scrivevo e non è certo perché non sei stata al centro dei miei pensieri. Come sei sempre. E’ un po’ che non ti vedo, ma ti chiamo spesso al cellulare. E tu mi racconti di te, delle tue esperienze a casa, in famiglia, a scuola. E io cerco di capire ascoltando le tue poche parole dette con una certa fatica al telefono. So quanta fatica fisica ti costa parlare quando la tua mente corre veloce e la voce non riesce a tenerle dietro, intrappolata nel meccanismo della respirazione artificiale.
Non stai bene in questi ultimi tempi. Sono poche le parti del tuo corpo su cui hai sensibilità, solo la testa, e tu hai febbre, dolori di testa frequenti, gola dolorante ed arrossata, naso congestionato ed una brutta bolla sul viso la cui origine il tuo medico non sa spiegarsi. Tutte cose che potrebbero considerarsi alquanto banali per gli altri bambini, ma non lo sono per te che non puoi difenderti dal malessere fisico e psicologico. Per fortuna hai degli “angeli” che ti circondano di amore e di cure.
A me ogni tuo dolore provoca forti fitte allo stomaco, ho paura e rabbia che si rinnovano. Paura della tua “precarietà” e debolezza, rabbia per un destino che si accanito su una creaturina in forme e modi che nessuna mente umana, ancorché perversa e maligna, potrebbe mai concepire.
Quante volte, Anna mia, alzo gli occhi velati di pianto al cielo e prego e mi viene di urlare di dolore e di rabbia per l’atroce ingiustizia che è stata perpetrata a tuo danno. Ma a te non servono il mio dolore e la mia rabbia, mi dico. A te serve il mio amore, come quello delle persone che si occupano di te, i tuoi “angeli”custodi.
Sono diversi gli “angeli” intorno a te, ad essi si aggiunge quella che davvero ora credo sia un angelo: la nonna Anna Maria, morta in quel tragico incidente che ti ha resa così.
Pensa, c’è stato un momento in cui tu non respiravi più, mentre lei finiva di respirare. Lei ha finito di respirare per sempre, tu hai ripreso grazie a quel primo “angelo” che per caso trovandosi lì ti ha rianimata. Poi io e te siamo andati nella prima ambulanza, sulla quale prima di arrivare all’ospedale sei andata in arresto respiratorio per altre due volte, mentre io reggevo i medici che ti somministravano medicine e rischiavano di cadere con gli sbalzi dell’ambulanza in corsa. Prima di salire ho fatto in tempo a salutare la nonna Anna Maria agonizzante. L’ho accarezzata e le ho bagnato le labbra ormai cianotiche. L’ho salutata così, dopo 40 anni vissuti insieme. Non sapevo che non l’avrei più rivista, se non nei sogni.
Io sono certo che da lassù anche lei fa la sua parte e veglia su di te. Come quella volta che sei stata sul punto di morire perché ti eri “scannulata” e Manuela ci ha messo un po’ prima di accorgersi, intanto eri andata in desaturazione e avevi perso i sensi (Vedi il post “Hai rischiato di morire”). Scampato il pericolo, erano tutti terrorizzati intorno a te e tu invece eri serena. Quando ti hanno chiesto se avevi avuto paura tu hai risposto: No, perché di fronte a me c’era la nonna Anna Maria che mi ha sorriso e rincuorata, poi quando sono arrivati i medici e riprendevo a stare bene lei se ne è andata, dicendo che non c’era più bisogno di lei. Questo hai detto, e non so dare spiegazioni a tutto ciò. A me hai detto: ho solo chiuso un po’ gli occhi, e poi mi hai raccontato della presenza di nonna Anna Maria.
Pensieri sul presente e ricordi  di un passato che ci ha segnato per sempre si intrecciano.
Poi ti racconterò altre cose che non sai, prima che la mia memoria proceda con la sua opera caritatevole e avvolga il tutto in una nebbia lontana.
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Set
18
2007
-

Hai cominciato la scuola elementare

Hai cominciato la scuola elementare e questa volta non ho potuto accompagnarti come il primo giorno di scuola materna. Ci avrei tenuto tantissimo, ma non è stato possibile. Allora ho dovuto immaginare cosa passava nella tua testolina e quali sentimenti occupavano il tuo animo. Quando hai iniziato la scuola materna eri felice e spensierata per la nuova avventura. Era un gioco bello dopo tante sofferenze. Ti sentivi grande come tuo fratello.
Finalmente a scuola, era finita la tua prima infanzia. Ma scappavi anche dagli ospedali dai medici ed infermieri che spesso ti avevano fatto tanto male. E scappavi dalla solitudine e facevi un bagno di bambini, in mezzo a tanti bambini come te. Eri felice tu, eravamo tanto emozionati noi, commossi. Era una conquista anche per noi, restituirti un po’ di “normalità”.
Anna va a scuola come tutti i bambini.
E’ una risposta al terribile destino che, non sappiamo perché, si è accanito contro di te (e contro di noi che ti vogliamo un mondo di bene). Era un grido di battaglia contro la cattiva sorte toccata a te, piccola mia, innocente come tutti i bambini.
Diverso il tuo primo giorno di scuola elementare.
Molto emozionata tu, anche impaurita e timorosa. Preoccupato e triste io, qui da lontano. Ormai non sei più la bambina che iniziava la scuola materna. Hai avuto paura di non farcela. Avevi paura e stavi male per come saresti stata guardata dagli altri bambini. Avevi paura per la tua “diversità” che saresti stata chiamata a spiegare. Cosa hai? Perché stai sulla carrozzella? Perché riesci a muovere solo la testa? Come è stato l’incidente? Perché non riesci a respirare da sola. Ma tu guarirai? Quando?
La naturale ed innocente curiosità dei bambini, tuoi nuovi compagni, ti avrebbe fatto tanto male, ancor più, forse, di quello che tante volte ti hanno fatto medici ed infermieri. E tu non vedi l’ora che trascorrano i giorni e quelle domande non ci siano più.
E i nuovi maestri. Cosa si sarebbero aspettati da te? Ce l’avresti fatta a “fare” le cose come tutti i tuoi nuovi compagni?
Emozioni, paure che hanno tutti i bambini. Emozioni e paure che tu avverti in modo amplificato per il tuo stato.
Sei stata forte, quasi spavalda, mentre erano con te i tuoi genitori. Non volevi deluderli mostrandoti debole. Poi sei scoppiata a piangere dopo che sono andati via. Sei rimasta sola con la Emanuela, hai provato l’orrore del rimanere soli al mondo nel tuo stato, sola con le tue difficoltà.
Due giorni dopo sono venuto da te. Ti ho fatto la sorpresa.
Sei rimasta quasi trasecolata, a bocca aperta, non sapevi che dire. Le emozioni erano troppo forti per farsi leggere sul tuo bellissimo viso. Mi hai visto parlare con le tue nuove maestre. Poi abbiamo avuto in disparte un minuto tutto per noi in cui abbiamo scherzato ed hai riconosciuto il tuo nonno giocherellone di sempre. Giocavo con te ma avevo un nodo alla gola che avrebbe potuto strozzarmi.
La mia piccola comincia la scuola elementare.
Tu cresci, io mi faccio più vecchio (non devo dire vecchio perché ti arrabbi e non vuoi sentire questa parola attribuita a me). Tu mi vedi sempre giovane forte bravo in gamba, sicuro simpatico tenero dolce, sempre di buon umore e pronto a ridere e scherzare e giocare con te.
Ma non è così, piccola mia. Sapessi le mie gracilità e debolezze. Le mie paure ed i miei dubbi. Le mie malinconie e le mie tristezze.
Ma a te “non serve” sapere ciò. Non puoi, tra le altre disgrazie, “perdere” anche questo nonno giocherellone ed un po’ pagliaccio per te. Sicuro e spavaldo che dà sicurezza fiducia e speranza perché poi, alla fine, tutti i problemi si possono risolvere. Un nonno che per primo, ricordi al Niguarda di Milano due anni fa?, ti ha fatto “fare i compiti”.
Domani verrò a trovarti e rinnoveremo i nostri “giochi”. Ti farò ridere, farò ancora il “pagliaccio” per te e tu mi racconterai della scuola dei tuoi nuovi compagni, delle nuove maestre……


N.B. Scusami se continuo a chiamarla scuola elementare. Scuola primaria mi dice poco, non mi richiama niente nella mente e nel cuore. 
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Set
04
2007
-

Ora avrei bisogno di silenzio

 
Ora avrei bisogno di silenzio
di quel silenzio
vero
meritato
avrei bisogno
di morire
riposare
andare
là dove regna
la pace
io
dimenticata
non più che in vita.
 
Mamma
tu
arranchi
e dormi
già sulla mia spalla
respiri sul mio collo
l’aria della vita tua
buona
e densa.
 
Ora avrei bisogno di silenzio
di quel silenzio
amato
che qui non dura
mamma
io
là nel tuo ventre
antico vedevo già
l’eterno.
 
Dimmi mamma
col tuo profilo
stanco
col tuo sorriso buono
dimmi
chi sono
io
che muoio
della tua morte.
 
Ricordi?
Tu dicevi
Via dai
sei forte
Ricordi?
Rispondo
ora avrei bisogno di silenzio.
 
Mamma
il primo bacio
lo raccontai a te
e tu ridevi
buona
ero triste
io
come ora
ma tu ridevi
e io credevo
nella tua gioia.
 
Ricordi
mamma?
ero triste
io
sapevo già
che presto
avrei chiesto
la voce del silenzio.
 
Eri il sole mamma
col tuo profilo
da medaglia
e io guardavo
il tuo sorriso
rideva
trillava
un grande
amore per la vita.
Perché non m’hai insegnato?
 
Mamma
a te raccontai
la mia tristezza
la mia paura
Ricordi?
E tu paziente
le ascoltasti
ma poi l’amore
in te era più forte
della malattia.
 
Ricordi?
e già era
il mio piccolo
nel ventre
e tu eri lontana
sul punto di morire
ma tu ridevi
e col tuo amore
trillasti fuor la morte
e io ero triste.
 
Ricordi?
mamma
già temevo l’oggi
e così andò
per anni
con te lontana
e il mio piccolo
da crescere
alla gioia
che non m’apparteneva
e te lo dedicai
io
avrei voluto
il tuo sorriso
l’amor fresco
che ride
trilla
alla morte
invece
mamma
chiedo l’eterno.
 
30 aprile 2007
Claudia f.
 
 
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Lug
01
2006
-

Le lezioni sono finite

 
Avete presente quella poesia di Garcia Lorca?
“Escono allegri i bambini da scuola…”
 
Ecco, in quel primo verso, c’è la magia che ha colorato la fine dell’ anno scolastico 2005/2006!
 
In quelle file alquanto sgangherate di alunni e alunne, tra le loro risate, siamo uscite con il cuore gonfio di speranze per il futuro.
 
Abbiamo retto abbastanza bene l’impatto, l’aggressione dei cambiamenti non voluti.
 
Sì, è vero che abbiamo dovuto arrabattarci alla meglio per assolvere i compiti burocratici sottraendo tempo a quel qualcosa che vale che è la didattica viva, il rapporto con bambine/i, genitori stranieri e italiani, colleghe/i…
 
E’ vero…ma come sempre abbiamo retto, senza risorse, con l’ansia di far bene comunque: saper essere e saper fare sono diventati un motto per noi oltre che per le/i nostre/i bambine/i sprizzanti futuro, eccitazione, sete di capire, sentire, toccare, muoversi…
 
Nell’occhio del ciclone della vita pulsante ci siamo noi, bombardate dai ministri di turno, dai media, dalle bugie e dalle scempiaggini ascoltate, vissute, subite, non volute…
 
Ci siamo noi piccole persone con la borsa colma di libri, idee, studi, ricordi, preoccupazioni per quella o quel bambino bistrattato da una società senza equilibrio insieme con i suoi parenti ammaccati dalla realtà fatta di rinunce, di sentimenti contraddittori, di sacrifici per arrivare alla fine del mese, di opportunità mancate…e ora si presenterà l’anno europeo delle pari opportunità!
 
Povero ANNO dolorante di guerra, di distinzioni di sesso, di razza, di soprusi, chiacchiere!
 
Europa “ricca”, Europa pensante e non pensante, Europa della formazione/disinformazione, Europa un po’ bigotta, un po’ religiosa e un po’ no…Europa di parlamentari in giacca e cravatta, Europa multietnica, multiculturale, multi!
 
Molte/i non sanno nemmeno che cosa realmente sia più l’Europa che fa i conti con l’ingiustizia di una pazza distribuzione dei diritti e della ricchezza…l’Europa, contenitore di opportunità pari sulla carta e spesso neppure sulla carta.
 
La scuola europea sta celebrando il rito assurdo degli esami di stato, delle valutazioni in punteggi, dell’abbandono dei contenuti in favore di imparaticce montagne di nozioni senz’anima, di ragazze/i un po’ stanchi, un po’ studiosi e un po’ no, di insegnanti “buoni” e “meno buoni”che ascoltano con interesse scaduto i bla bla di sempre, quelli pretesi dal rito, da un cerimoniale desueto che non sta al passo coi tempi della ricerca pedagogica, che finge di starci, ma non può starci oberato com’è da esigenze di copione!
 
Che peccato spendersi così, che lutto, che follia collettiva…Saper essere e saper fare umiliati da un rito bigotto, un po’ ipocrita per grandi e meno grandi.
 
Dov’è la scuola che insegna a costruire il pensiero?
 
Nelle aule nascoste alla vista del mondo, qualcuno c’è che ce la mette tutta per cambiare rotta al sapere, per  creare clima e apprendimenti che valgano. Qualcuno c’è eccome… tutto è celato nelle menti, nelle pance e nei cuori di quei qualcuno, i quali debbono far finta che contenuti, interrogazioni, lezioni abbiamo il senso di sempre, che producano la cultura di sempre, con le tesine scopiazzate da internet o dai quaderni ingialliti di fratelli e sorelle maggiori!
 
Allora dai con la pantomima dei temi top secret, della correzione puntuale e scrupolosa, dei punteggi assegnati, delle interrogazioni, ovunque lontane dall’essere dialogo con studenti consapevoli di quanto appreso…
 
“Escono allegri i bambini da scuola…”, perché non sanno quanto bisogno di “protezione” essi abbiano, ben aldilà delle cure amorevoli dei parenti e degli amici, ben aldilà!
 
“Escono allegri i bambini da scuola”…nel caso in cui abbiano inteso che nelle loro aule si è celebrata una lotta per la sopravvivenza culturale, quando intuiscono di essere stati al centro dei pensieri di insegnanti sereni e consapevoli dell’importanza della loro autonomia metodologica, pedagogica, della libertà di insegnamento…Allora l’allegria si mescola a quegli abbracci che sciolgono, a quelle carezze verbali che i bambini e le bambine ci riservano con gli occhi lucidi di nostalgia di compagne/i frequentati con la scadenza dell’anno scolastico, e non se ne fanno nulla degli slogan che recitano con  retorica rovesciata: “Viva le vacanze, abbasso la scuola” ! Non se ne fanno proprio niente, perché sanno molto bene che alla fine delle lezioni, li accoglierà la società della fretta, delle vacanze (nel migliore dei casi) in luoghi sconosciuti, delle famiglie in difficoltà per far conciliare lavoro e giornate dei piccoli, degli appartamentini surriscaldati in città, perché non ci sono soldi, della mancanza dei pari con cui confrontarsi per tante ore al giorno…Lo sanno molto bene!
 
 
La scuola di queste/i bambine/i è quella che ha saputo “osservare”il mondo con loro, il territorio circostante, che ha saputo indagare i sentimenti, anche quelli oppositivi, senza respingere, accompagnando le ribellioni e le adesioni con mano leggera e testa pesante, con sorriso benevolo e preoccupazione costante di non perdere la bussola fra le insulsaggini piovute, grandinate dall’alto…
Claudia fanti
1 luglio 2006
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Mag
30
2006
-

Le tue parole

Una voce mi parla
È parole
Profonde
Gratuite
Venute
Da un mondo
A me sconosciuto
Di gioia
Dolori
Emozioni
Riprese
Fermate
Accelerazioni
Sono parole
Coraggiose
Emozionate
Volute
Anche quando non potresti
Donate
Per scaldare
Un inverno
Perenne
Di gelo
Non voluto
Avuto
Sono parole
Pensate
Anche quando non potresti
Sono per me
Per te
Che mi vuoi
Anche quando non potresti
Anche quando non potrei.
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Mag
24
2006
-

Chele di granchio

C’è un amore lontano
Che chiama
Che resiste
Come chele di granchio
Forti
Sfinite
Come petali
Di antico splendore
Sfiniti
Di acque
Passate
In vasi cinesi
Trasparenti
Di sogni
Passati
Sfiniti
Finiti
E pur vivi
Di nuovo
Desiderosi
Di futuro
Colorato
Di antiche memorie
profumate
Vero
Reale
Forte
Come chele di granchio.
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