Ti hanno dato i voti

Semplicemente Longhena
Cara Anna, mi ha detto la tua mamma che le hanno consegnato la scheda con la valutazione quadrimestrale espressa in voti numerici. Ti hanno dato i voti. Tanti numeri.
Finora i numeri ti sono stati sempre simpatici perché con loro ti diverti a misurare le cose, a contarle ricavandone le quantità e poi a confrontarle, a fare operazioni, a fare giochi e ipotesi.
Per te giocare con i numeri è ordinare e riordinare la realtà attraverso la simulazione, obbligata come sei sul terreno dell’astrattezza e della virtualità, non potendo muoverti, toccare le cose, spostarle da un punto all’altro, ordinarle nello spazio a tuo piacimento, come spinge a fare la fantasia e l’immaginazione di tutti i bambini che dispongono del loro corpo, delle loro mani, delle loro gambe.

Tu sai che 8 (ma anche 7 oppure 9 oppure 5 ecc. affinché gli altri numeri non si offendano) è un numero che rappresenta una quantità di oggetti, come otto alberi, otto bambini, otto libri ecc. ma da questo fine quadrimestre ti è stato detto che con i numeri si dice anche quanto è bravo o meno bravo un bambino.
Che cosa pazzesca, avrai pensato nella tua testolina.
Un nuovo gioco? Si! Ma le sue regole tu non le sai e, quel che è peggio, non le conoscono nemmeno gli adulti che questo gioco si sono inventati. E non le sanno perché non ci sono regole che possano valere per tutti, ed è privo di regole perché il gioco stesso non significa nulla.
Ma come si fa a dire quanto vale un bambino usando gli stessi numeri, ogni bambino è diverso dall’altro, il numero è sempre un numero. L’8 è sempre otto, non è che una volta è più otto, un’altra volta lo è meno, una volta simpatico un’altra volta antipatico, una volta è bello, perché mi sembra grande, un’altra volta è brutto, perché mi sembra piccolo, e quando è brutto assomiglia al sette, e quando è bello assomiglia al nove. L’8 è sempre 8. Come si fa a misurare qualità diverse, non cose, non oggetti con lo stesso numero?
Quello che sappiamo, come lo sappiamo, quello che ci incuriosisce e interessa, la nostra volontà, la nostra simpatia, la nostra bontà, le nostre capacità, quelle palesi e quelle ancora nascoste, hanno bisogno delle parole per essere capite e comunicate. Perché le parole sanno essere sempre diverse, particolari, hanno tante sfumature, hanno tanti colori come l’arcobaleno, come i bambini che hanno tante sfumature e hanno i colori dell’arcobaleno.
A te hanno dato un numero, che è uguale a quello di altri bambini, ma tu non sei come loro, tu sei speciale, e questo dobbiamo spiegartelo con le parole, con dolcezza, con amore, affinché tu capisca e ti convinca che sei stata splendida, straordinaria, a imparare e a fare bene ciò che gli altri bambini come te fanno, ma con la differenza che tu muovi solo la testa, non le mani, non le gambe, non il resto del corpo.
Sai quanto ti avrebbe aiutato poter seguire col ditino il rigo nella lettura? Saresti diventata in breve tempo velocissima come un missile.
Sai quanto ti avrebbe favorito poter muovere le dita per imparare prima a contare?
Sai quanto ti avrebbe giovato il non dover uscire spesso dall’aula per le broncoaspirazioni, o per i cateterismi?
Certo ti sarebbe piaciuto e ti sarebbe servito di più durante l’intervallo uscire in giardino a correre con i tuoi compagni, anziché stare stesa sul tuo lettino ad ascoltare le storie, sia pur bellissime e utilissime, delle tue dolci e care Roby e Manu.
Dalla carrozzina al lettino, dal lettino alla carrozzina. Questa è la tua ginnastica, e pensare che ti hanno dato un voto anche in educazione motoria, a quel che mi risulta. Anche se lo hanno fatto per non farti sentire “diversa” dagli altri bambini, tu lo sei, piccola mia, e questo lo sai, e gli adulti non debbono far finta di non saperlo.
Forse come adulti dovremmo riuscire a spiegarti che tu, più che diversa, sei speciale, d’altronde di ciò tu acquisti sempre più consapevolezza e a volte ne soffri, e questa tua sofferenza ci fa morire di dolore con la nostra impotenza.
Dovremmo saperti spiegare perché sei speciale, ma nello stesso tempo sei uguale agli altri bambini, che sono speciali anche loro e uguali al contempo. E che di tutti questi esseri speciali/uguali il mondo ha bisogno, altrimenti è condannato a non avere più la gioia di vedere la bellezza dell’arcobaleno.
Dare un voto numerico a te non dirà mai come avresti potuto fare tu, se fossi stata come gli altri compagni, così come non dirà mai che voto avrebbero potuto prendere gli altri, se fossero stati nelle tue condizioni.
Dare il voto numerico ai bambini è attribuire un simbolo incomprensibile per loro, ma anche per gli adulti, basta che ci riflettano un po’ su.
Dare il voto in numeri ai bambini è come voler misurare il cielo con un righello.
Nemmeno le parole meglio impiegate possono spiegare bene quanto possa essere difficile per una bimba come te imparare e fare tante cose, come leggere, scrivere, contare, lavorare con l’amico computer che ti permette di divenire brava come i tuoi compagni, dipingere quadri bellissimi con i pennarelli che tu adoperi tenendoli con la bocca e tracciando linee, tratti, colori, forme col movimento della tua preziosissima testolina, affaticandoti, divertendoti.
Quale numero, freddo, oggettivo, sempre uguale a se stesso può interpretare le tue speranze, la tua voglia insaziabile di apprendere, la tua tenacia, il tuo provare e riprovare, ma anche la tua stanchezza e la tentazione di mollare, la tua disperazione quando le cose non ti riescono, perché sei chiamata a realizzare imprese difficilissime con uno svantaggio di partenza immenso.
Quale numero può rappresentare l’entità delle difficoltà che sei chiamata quotidianamente a superare per stare al mondo come un essere umano con il suo diritto all’autonomia, mentre dipende totalmente dagli altri, con la sua libertà, mentre non ne ha nemmeno la più limitata, quella fisica, con la sua privacy, mentre il suo corpo, anche nelle funzioni più primitive, deve essere manipolato dagli altri.
Non farci caso, piccola mia, a quei numeri, non è un gioco per te e non lo è nemmeno per le tue maestre che, voglio sperarlo, sono state costrette a usarli loro malgrado, cercando di fare il minor male possibile.
Tu sei speciale, Anna, e per descriverlo e raccontarlo non basterebbero le parole di un’Enciclopedia, immagina cosa può fare un piccolo, stupido numero.
 tu sei speciale

Meglio giocare con i numeri di Gianni Rodari
Abbasso il nove
Uno scolaro faceva le divisioni:
– Il tre nel tredici sta quattro volte con l’avanzo di uno. Scrivo quattro al quoto. Tre per quattro dodici, al tredici uno. Abbasso il nove…
– Ah, no, – gridò a questo punto il nove.
– Come? – domandò lo scolaro.
– Tu ce l’hai con me: perché hai gridato «abbasso il nove»? Che cosa ti ho fatto di male? Sono forse un nemico pubblico?
– Ma io…
– Ah, lo immagino bene, avrai la scusa pronta. Ma a me non mi va giù lo stesso. Grida «abbasso il brodo di dadi», «abbasso lo sceriffo», e magari anche «abbasso l’aria fritta», ma perché proprio «abbasso il nove»?
– Scusi, ma veramente…
– Non interrompere, è cattiva educazione. Sono una semplice cifra, e qualsiasi numero di due cifre mi può mangiare il risotto in testa, ma anch’io ho la mia dignità e voglio essere rispettato. Prima di tutto dai bambini che hanno ancora il moccio al naso. Insomma, abbasso il tuo naso, abbasso gli avvolgibili, ma lasciami stare.
Confuso e intimidito, lo scolaro non abbassò il nove, sbagliò la divisione e si prese un brutto voto. Eh, qualche volta non è proprio il caso di essere troppo delicati.
G. Rodari